Le carceri politiche

Sulle fosse del vostro martirio, negli stessi campi di battaglia, o suppliziati di Belfiore, o volontari di Curtatone e Montanara, dopo un secolo Mantova vi affida questi suoi caduti della guerra partigiana…Accoglieteli, ombre fraterne, sono della vostra famiglia. Mutano i nomi dei carnefici, Radetzky o Kesserling, variano i nomi delle liberazioni, Risorgimento o Resistenza, ma l’anelito dei popoli è uno. Nella storia dove i secoli sono attimi, le generazioni si trasmettono questa fiamma ribelle” (Piero Calamandrei, in ricordo dei Martiri mantovani del Risorgimento e della Resistenza)

Il 2016 è l’anno in cui si celebra il 150° anniversario dell’annessione di Mantova e del Veneto al Regno d’Italia avvenuta nel 1866, da considerarsi una delle tappe fondamentali tra gli eventi che portarono, in poco più di dieci anni (1859-1870), all’unificazione di gran parte della penisola.
L’importante ricorrenza non poteva non essere onorata anche in Palazzo Ducale, con la riapertura straordinaria di uno dei luoghi simbolo di tutta l’epopea risorgimentale, ossia le carceri del castello di San Giorgio. Al secondo piano della fortezza, eretta tra il 1390 e il 1405 per volere di Francesco I Gonzaga, vi furono reclusi, a partire soprattutto dagli anni Trenta dell’Ottocento, molti cospiratori politici, provenienti in gran parte dalle aree venete e lombarde, tra cui anche i nove patrioti impiccati appena fuori Mantova, nella valletta di Belfiore, fra il dicembre del 1852 e il marzo del 1853 -don Enrico Tazzoli, Carlo Poma, Angelo Scarsellini, Bernardo de Canal, Giovanni Zambelli, Tito Speri, don Bartolomeo Grazioli, Carlo Montanari e Pietro Frattini- ricordati ormai da lunghissimo tempo, nella tradizione storica e nella cultura popolare mantovana, come i “Martiri di Belfiore”. A questi si aggiungono anche don Giovanni Grioli che, sempre a Belfiore, fu fucilato il 5 novembre 1851 e il veneto Pier Fortunato Calvi, patriota del Cadore, la cui sentenza fu eseguita il 4 luglio 1855 nella zona extraurbana di Lunetta, non lontano dalla rocchetta di Sparafucile.
Dopo la parentesi napoleonica, con la restaurazione asburgica a Mantova a partire dal 1814, il castello di San Giorgio fu adibito a carcere politico di massima sicurezza, tanto da divenire a questo riguardo una delle prigioni più importanti di tutto il Lombardo-Veneto. Tale funzione si accrebbe in concomitanza con la spietata repressione militare seguita al fallimento della I guerra d’indipendenza e ai moti insurrezionali e ai tentativi indipendentistici che, tra il 1848 e il 1849, interessarono le regioni italiane dell’Impero asburgico. Sul Lombardo-Veneto dominava in quegli anni il feldmaresciallo Josef Radetzky, il principale ispiratore del rigidissimo governo che si protrasse, sostanzialmente, fino al 1856, quando il generale venne poi deposto dall’imperatore Francesco Giuseppe. La durezza e l’ottusità del regime imposto dal Radetzky accelerò il costituirsi, in tutto il Lombardo-Veneto, di molti comitati segreti per il perseguimento degli ideali d’indipendenza dall’Austria.
Al primo arresto nel gennaio del 1852 di don Enrico Tazzoli, l’ispiratore e la guida principale del comitato mantovano, seguì a breve anche la cattura e l’incarcerazione nelle prigioni del castello di San Giorgio di almeno un centinaio di cospiratori, tra cui quelli che sarebbero stati impiccati a Belfiore. I processi affidati ad un tribunale militare si svolsero in forma affrettata e sommaria, senza alcuna possibilità di contraddittorio per gli accusati.
Il legame alla vicenda umana e alla memoria storica dei “Martiri di Belfiore” fu sempre molto stretto e si manifestò fin da subito nel duro contraccolpo di emozione e di dolore che, alla notizia delle sentenze di morte e delle esecuzioni, si ripercosse sull’intera città. La devozione popolare al ricordo dei patrioti impiccati perdurò costante fin dagli anni in cui Mantova si trovava ancora sotto il dominio asburgico. Già il giorno seguente le prime impiccagioni del 7 dicembre 1852 si ebbe la deposizione clandestina di una corona a Belfiore da parte di Carlotta Bonoris. E tra le varie manifestazioni che continuarono ad essere tributate alla memoria dei Martiri si ricorda anche il corteo delle donne e dei giovani che per onorare i caduti della recente battaglia di Solferino si recarono, il 24 settembre 1859, proprio alla valletta di Belfiore. Dopo il conseguimento dell’unità nazionale, in piazza Sordello si eresse, nel 1872, un grande monumento alla memoria dei patrioti ad opera di Pasquale Miglioretti. Smontato nel 1930, esso è stato ricomposto e definitivamente collocato a Belfiore nel 2002 in occasione del centocinquantenario dell’esecuzione. Anche all’interno delle carceri del castello di San Giorgio, dove intorno al 1881 fu costituito un primo museo cittadino del Risorgimento, continuò per vario tempo la tradizione di affiggere iscrizioni, lapidi e corone dedicatorie alla memoria dei Martiri e degli altri patrioti che vi furono rinchiusi e di esse rimangono ancora suggestive dimostrazioni. Ma la visita ai luoghi delle prigioni si carica di interesse e di commozione anche per le testimonianze che lasciarono gli stessi carcerati sugli intonaci delle pareti. Si tratta di immagini ma anche di iscrizioni, eseguite con materiali e strumenti del tutto fortuiti, delle quali, il più delle volte, si può solo congetturare il senso, data la loro estrema frammentarietà. Più spesso sembrano semplici attestazioni di sosta nel carcere, o riferimenti alle proprie vicende di vita o alla fede religiosa in cui trovare conforto. Nella prigione che fu di Tito Speri, vi è una delle più intense e toccanti figurazioni, corrispondente all’immagine tracciata a carboncino di un volto di donna nell’atto di affacciarsi ad una grata per guardare all’interno della cella; sempre nella stessa stanza, sul davanzale marmoreo di una finestra, compare pure una minuscola e finissima incisione, con l’iscrizione “W. L’ITALIA.
Ben valgono, ci pare, le parole del già soprintendente di Mantova Antonio Paolucci che in occasione di un’altra riapertura straordinaria delle carceri nel dicembre del 1985 così scriveva: “gli uomini caduti a Belfiore, per la tensione ideale, per la profonda adesione al popolo e ai suoi valori culturali …, per l’ansia di libertà, di solidarietà e di progresso che li animava, sono modelli morali e intellettuali oggi più che mai validi” e certo “la riproposta di un itinerario risorgimentale di così dolente e commovente suggestione ci sembra cosa davvero giusta e opportuna”.
Ed è indubbio che continua ad esserlo anche oggi, in una prospettiva storica di prevalente attenzione all’Europa e alla sua unità, pure in senso culturale, e tesa quindi a far propri e a ricomporre anche questi ideali, che portarono dapprima al riconoscimento dei popoli e alla costituzione delle loro nazioni.

Per le prenotazioni contattare Elena Montanari, dalle ore 9 alle ore 16, ai nr. tel. 0376/352145, cellulare 370/3032527, o inviare un e-mail al seguente indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..
Le visite accompagnate alle carceri dei Martiri di Belfiore si svolgeranno dal martedì al venerdì con accesso gratuito e su prenotazione per tutto il mese di ottobre.

 
ottobre 2016
Giovanni Rodella

(per l’iniziativa di questa riapertura straordinaria delle carceri del Castello di San Giorgio, hanno contribuito in particolare, del personale del Museo di Palazzo Ducale: Elisa Acerbi, Alfonsina Alletto, Ylenia Apollonio, Fabiola Bonfante, Elvira Capuzi, Raffaella Casciano, Leonardo Catalano, Fabrizia Cavalli, Alessandra Corbellani, Fabrizio D’Amato, Elga Disperdi, Livia Melania Fenaroli, Maria Ferlisi, Mara Folloni, Giuseppe Franco, Luciano Franco, Renato Gola, Elisabetta Lodi, Paola Longhini, Giuseppe Loreto, Marzia Mazza, Antonio Mazzeri, Elena Montanari, Antonella Mossini, Patrizia Pavesi, Emanuela Pezzini, Massimo Piccolo, Chiara Reggiani, Franco Sacchetti, Laura Salvalai, Sandro Scansani, Sara Tammaccaro, Lara Zanetti)

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