Michelangelo Buonarroti è semplicemente il “divino” Michelangelo, l’archetipo degli artisti di tutti i tempi. Grande fu la sua fama, anche in vita: nonostante la sua attività si sia concentrata su Roma e Firenze, anche la Mantova dei Gonzaga dovette fare i conti con l’ineludibile influenza di quel gigante. Il 22 febbraio del 1527 Federico II scriveva di essere da “molt’anni (…) amatore dello excellentissimo messer Michele Angelo” e – in un significativo ribaltamento di ruoli – senza paura di mostrarsi supplice chiedeva di ottenere una sua opera. Non importava quale fosse, ne bastava una qualsiasi.
L’esposizione “Michelangelo: i bronzi della Passione” di Palazzo Ducale di Mantova – aperta dal 18 marzo fino al 15 giugno 2022 – vuole puntare l’attenzione su un episodio poco noto della vita del grande artista. Si tratta del progetto di un “Calvario”, ovvero la rappresentazione di Cristo sul Golgota assieme ai due ladroni; il termine deriva dal nome latino della collina appena fuori dalle mura di Gerusalemme, ossia il luogo sul quale si svolse la crocifissione. Di questo progetto abbiamo testimonianza dell’esistenza di modelli di studio – in cera o terracotta – transitati a Mantova nel 1582, come attesta una scritta riportata su due disegni conservati uno a Budapest (Szépművészeti Múzeum) e l’altro già nella Rugby School Art Museum (e poi in asta a Londra, presso Christie’s).