Donne e Gonzaga: Paola Malatesta

Da oltre un secolo abbiamo imparato a conoscere e a dare la giusta importanza a Isabella d’Este, la “primadonna del Rinascimento”, alla quale sono stati dedicati innumerevoli studi, libri e persino mostre, tra le quali ricordo almeno l’importante esposizione tenutasi a Vienna nel 1994: un riconoscimento internazionale della sua importanza. C’è da dire, però, che Isabella – con il suo charmeha lasciato nell’ombra un buon numero di donne importanti legate ai Gonzaga. Alcune di queste hanno anche anticipato il ruolo, fortemente attivo, che Isabella ebbe alla corte di Mantova.

Penso per esempio a Paola Malatesta (1393-1449), moglie di Gian Francesco Gonzaga. I due si sposarono nel 1410, confermando una politica di alleanze tra la famiglia mantovana e quella romagnola. Lei visse in Corte Vecchia, in un appartamento posto al piano terreno tra il cortile di Santa Croce e il cortile d’Onore. Qui stette alcuni anni anche dopo la morte del marito (1444), anche se i suoi ultimi giorni li spese nella chiesa di Santa Paola, dove morì nel 1453.

Molti ricordano che Paola portò la cifosi nel DNA dei Gonzaga, ma ricordarla per quello ci sembra quantomai ingeneroso. Fu donna saggia, di acuto ingegno e grande promotrice delle arti, specie di imprese ecclesiastiche. A lei si dovettero la costruzione e il restauro di numerose chiese di Mantova, come Santo Spirito, Santa Paola, San Cristoforo, e per la sua pia condotta acquisì fama di beatitudine. Se un iter di canonizzazione non fu mai intrapreso, divenne uso comune definirla “beata” o anche dipingerla come tale. Nel 1612 nella sacrestia della chiesa di San Francesco si vedeva “la sua imagine dipinta ... in habito di monaca, co’ raggi di Beata intorno” e nella cappella dell’Incoronata del duomo si conservavano sue “reliquie”.

Paola Malatesta in uno stucco a Sabbioneta del XVI secolo m low

Fu donna così notevole che nel 1490 lo scrittore Sabadino degli Arienti le dedicò una biografia, quasi agiografica, nel suo libro Gynevra de le clare donne, una sorta di hall of fame al femminile. E pochi anni prima, nel 1483, il veneziano Marin Sanuto scriveva che Paola «molto adornò (Mantova), et di richeza l’agumentò».

Oggi sappiamo dunque dove Paola visse in Palazzo Ducale: in stanze nelle quali rimangono ancora eleganti tracce di pitture tardogotiche, il cui progetto è stato anche riferito al Pisanello. Si tratta del cosiddetto appartamento vedovile di Isabella d’Este. Come anticipavo, Paola rimase nel suo alloggio anche dopo la morte del marito e, da allora, quell’appartamento prese dunque la connotazione di “appartamento vedovile”. Fu infatti in seguito abitato da altre vedove dei Gonzaga dominanti: da Barbara di Brandeburgo almeno fino a Isabella d’Este, la quale tuttavia – lì trasferitasi dopo la morte di Francesco II nel 1519 – fece in parte aggiornare e rinnovare le decorazioni presenti.

appartamento Paola Malatesta in CV m low

E quanto potessero essere elegantemente ornate le sale in cui Paola Malatesta visse, lo sappiamo grazie a documenti dell’epoca, che evocano fasti incredibili e ci fanno immaginare la corte dei Gonzaga come la caverna dei tesori di Ali Babà. 

Per quanto incline alla committenza sacra, Paola dovette apprezzare quanto la cultura dell’epoca poteva offrire di stravagante ed esotico; infatti, il suo appartamento affacciava su un “pratum a struciis”, che si deve tradurre con “prato degli struzzi”. Gli struzzi erano noti in Europa almeno dal 1337, quando papa Benedetto XII ne aveva portati due ad Avignone, e che si trattasse proprio dei volatili, è confermato da una lettera di Barbara di Brandeburgo del 1479. Barbara, oramai vedova di Ludovico II, si era trasferita nell’appartamento che era stato di Paola e si lamentava che fosse stata murata la porta dell’orto degli struzzi. Le era stato privato uno svago e le era stata tolta la curiosa visione che allietava le giornate. (SL)

appartamento di Paola Malatesta affresco strappato con decorazione araldica del 1420 25 m low

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