Il bassorilievo Ciampolini

Attualmente esposto nel rinnovato lapidarium lungo un'ala del Cortile d'Onore in Corte Vecchia, questo frammento risalente a un monunumento romano è appartenuto alla collezione di antichità di Giulio Romano. La funzionaria restauratrice Daniela Marzia Mazzaglia ce ne restituisce una sintetica descrizione, ripercorrendo le tappe salienti della sua storia.

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Tra le opere più interessanti della collezione lapidea di Palazzo Ducale vi è senza dubbio il cosiddetto “bassorilievo Ciampolini”. Si tratta di un frammento di un architrave di un monumento romano non ancora identificato con certezza, raffigurante una battaglia tra Romani e Galli. Erroneamente, in passato si è creduto che il fregio rappresentasse l’episodio della battaglia tra Greci e Troiani intorno al corpo di Paride. Il gruppo centrale della composizione con il guerriero morente sorretto dal compagno fu effettivamente usato da Giulio Romano come modello per dipingere il celebre episodio dell’Iliade sul lato nord della volta nella sala di Troia in Corte Nuova. Tuttavia sia gli abiti e le armi dei soldati romani, con cimieri, scudi rotondi, lorica a maglie di ferro o squamata, sia le peculiarità degli avversari con lunghe brache, cinture in vita o completamente nudi con scudi esagonali, non lasciano dubbi sull’identificazione della scena: si tratta di una battaglia delle campagne galliche del I secolo a.C. 

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L’opera è oggi collocata lungo un lato del portico del Cortile d’Onore, nel lapidarium di Palazzo Ducale. L’approdo alla reggia dei Gonzaga sarà soltanto l’ultima tappa di un lungo viaggio.

La denominazione del bassorilievo deriva dal collezionista di antichità Giovanni Ciampolini, che visse a Roma nella seconda metà del quindicesimo secolo. La sua casa di via dei Balestrari, presso Campo de' Fiori, rappresentò un importante riferimento per appassionati e artisti che trassero spunto dalle sue raccolte. Il fregio in questione apparteneva a questa collezione e godeva di una certa fama, infatti venne studiato e ricopiato più volte. Tra coloro che se ne interessarono vi fu anche Giulio Pippi, il quale insieme all’amico Gian Francesco Penni, arrivò ad acquistarlo dagli eredi Ciampolini nel 1520, assieme ad altri pezzi della raccolta.

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Una lettera del 24 marzo 1526 racconta della spedizione da Roma di alcune casse di opere antiche tra cui un “friso”. E’ quindi probabile che il bassorilievo giunse nella dimora mantovana del Pippi proprio in quell’occasione. Non sappiamo con esattezza quando l’opera – successivamente – entrò a far parte della collezione dei Gonzaga. Potrebbe essere stata ceduta dallo stesso Giulio Romano o subito dopo dai suoi eredi. Sappiamo tuttavia che la collezione di antichità di Giulio fu definitivamente dispersa nel 1567 quando l’ultimo pezzo – una testa antica – fu acquistato dal mercante d’arte Jacopo Strada.

(DM)

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