Pietro Mango e la pittura su cuoio

Stefano L'Occaso ci racconta di un ambito assai poco noto al grande pubblico, traendo spunto dai resti conservati nei magazzini di Palazzo Ducale di una grande opera eseguita nella seconda metà del Seicento.

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Nella sterminata varietà di soluzioni decorative e artistiche che il Palazzo Ducale e le sue collezioni ci presentano, desideriamo presentarvi un caso davvero curioso. I brandelli apparentemente illeggibili che vi mostriamo e che si conservano, restaurati, nei depositi del Museo, sono quanto rimane di un ciclo pittorico di enormi dimensioni: provengono da quattro dipinti di circa 3 metri per 8 ciascuno, raffiguranti Battaglie e Incendi, che un tempo decorarono l’Appartamento Ducale, ma che già nel Settecento erano stati smontati.

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I dipinti sono opera di Pietro Mango, un artista napoletano che alla metà del Seicento lavorava per la corte dei Gonzaga Nevers, e la loro particolarità è proprio la tecnica esecutiva: si tratta di pitture a olio su cuoio argentato e “meccato”. Quindi: il supporto su cui l’artista dipinge è formato da ampie pezze di cuoio cucite una con l’altra; sul cuoio viene stesa una lamina d’argento, che è poi colorata con una mecca, ovvero una vernice che dà all’argento il colore e la lucentezza dell’oro. Su questa base il pittore stende il colore con i pennelli, ma probabilmente fa uso anche delle mani per toglierlo, mentre è ancora liquido, lasciando in vista la lamina metallica sottostante.

Le lumeggiature sono così ottenute facendo affiorare la superficie metallica da sotto il colore, laddove l’artista desidera rendere i bagliori delle armi o i riverberi del fuoco: sono sciabolate di luce che emergono da un fondo cupo.

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È probabile che per la realizzazione di questa straordinaria impresa decorativa, per la quale fu necessario l’impego di circa 100 metri quadrati di cuoio, siano stati riutilizzati paramenti di corami già esistenti in Palazzo e forse proprio nell’appartamento Ducale. Non si conoscono altri cicli pittorici in cui la rara tecnica esecutiva sia stata adoperata su superfici così vaste; abbinata all’abilità scenografica di Mango, doveva offrire uno spettacolo davvero inconsueto. I pochi frammenti superstiti sono lunghe strisce che corrispondono alla fascia inferiore dei dipinti e il loro effetto generale, con i bagliori del metallo, doveva essere davvero molto “caravaggesco” e teatrale.

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