Leonardo Sciascia e Mantova

Nei Fatti diversi di storia letteraria e civile – raccolta di saggi edita nel 1989 – Leonardo Sciascia sviluppa un’accurata analisi critica del Fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello. E arriva a citare, in un curioso passaggio, una ricerca di personaggio a noi ben noto: si tratta dell’ex-bibliotecario Gilberto Scuderi della Biblioteca Teresiana di Mantova. Perché? Gilberto nel 1984 si era preso la briga di verificare l’effettiva esistenza di due misteriosi libri citati da Pirandello nell’opera in questione. Uno dei due, in particolare, intitolato Vita e morte di Faustino Materucci, benedettino di Polirone, che taluni chiamano beato era dato per edito a Mantova nel 1625. Gilberto, dopo varie ricerche, giunse alla conclusione che il libro – divenuto nel frattempo una sorta di “Sacro Graal” dei bibliofili antiquari di allora – in realtà non esisteva. Era semplicemente un parto dell’inventiva pirandelliana: una sorta di “scherzo” del grande scrittore siciliano, che Sciascia, da attento critico letterario, ci racconta con compiaciuto sarcasmo, citando la ricerca del nostro Gilberto.

Ma c’è dell’altro. Giunto a questa conclusione, Scuderi – forse irritato dalla burla che gli costò qualche settimana di inutili ricerche o forse divertendosi a sviluppare quella simpatica invenzione – creò una sorta di frontespizio falso del volume. Per una serie di equivoci, tale copia del frontespizio fu pubblicata sulla “rivistina” dell’Ente del Turismo di Mantova. Quella pubblicazione “fortuita” fu notata da un bibliofilo svizzero, di nome Fiorenzo Bernasconi che, forse scosso dalla troppa euforia, prese per vero il frontespizio falso di Gilberto. Bernasconi, convinto di avere tra le mani un vero e proprio scoop, pubblicò un articolo sulla rivista bibliofila L’Esopo dichiarando vittoriosamente di aver finalmente individuato una copia del rarissimo volume mantovano, con tanto di sentito ringraziamento al Sig. Scuderi per averlo, a suo dire, scovato.

In occasione del centenario della nascita di Leonardo Sciascia (8 gennaio 1921 – 20 novembre 1989) decidiamo dunque di raccontarvi questa storia: avendo noi la fortuna di conoscere Gilberto come collaboratore della “Gazzetta di Mantova”, inoltre, decidiamo per una volta di scambiarci i ruoli: saremo noi di Palazzo Ducale - nella persona del direttore Stefano L'Occaso - a intervistare lui, per fargli qualche domanda su questa curiosa e divertente vicenda.

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Ciao Gilberto, raccontaci di questa incredibile vicenda. Come ti è venuto in mente di approfondire l’esistenza del libro Vita e morte di Faustino Materucci, benedettino di Polirone, che taluni chiamano beato, dato da Pirandello per edito a Mantova nel 1625?

Sono passati trentasei anni. Chi si ricorda. Certamente per curiosità. E perché sono mezzo siciliano. Mio padre era di laggiù. E mia madre di quassù. E perché ero e sono “sciasciano”, così come Sciascia era stendhaliano, e per la proprietà transitiva lo sono anch’io, un po’. Ricordo che dopo avere letto Il fu Mattia Pascal in edizione Oscar Mondadori, sfuggendo alla ferrea disciplina del direttore della Biblioteca Teresiana, il dottor Giancarlo Schizzerotto, andai furtivamente allo schedario (ancora non c’erano i computer) a cercare la schedina della seicentina, che non poteva mancare. E invece mancava. Ho detto “furtivamente” perché fare questa ricerca era un mio “interesse privato”, non rientrava nei miei doveri d’ufficio, ovvero di catalogare libri moderni e di fare il catalogo delle riviste senza perdere un secondo.

Come hai fatto a essere così sicuro che il libro in realtà fosse un’invenzione di Pirandello?

Non c’era la scheda dell’opera del 1625. E poi quel “che taluni chiamano beato” aveva e ha tutta l’aria di una presa in giro. Sarebbe bello se qualcuno scoprisse che la Vita e morte di Faustino esiste davvero.

Leonardo Sciascia ti cita nei Fatti diversi di storia letteraria e civile con tanto di nome e cognome. Come ha fatto il grande scrittore siciliano a scoprire la tua ricerca?

Vado a memoria, e la memoria inganna. Rischio, per fare bella figura, di dire falsa testimonianza, che è peccato e reato. Posso dire che il mio articolo, pubblicato sulla rivistina La Cervetta, arrivò in via San Giovanni sul muro, a Milano, tramite interessamento di un mio amico di Reggio Emilia, per prenderla alla lunga. Per via breve, inviai a Sciascia il malloppo (La Cervetta più L’Esopo), cosa di cui, se fosse vera, mi vergognerei. E lui, senza dirmi niente, provvide al seguito. L’articolo di Sciascia apparve sul quotidiano di Torino “La Stampa”, senza che io me ne accorgessi. Ad avvisarmi, dopo giorni, fu un professore di Varese, preside di facoltà all’Università di Verona, che si congratulava con me. Così capii ciò che già sapevo, ma portato alle sue estreme conseguenze. Dovevo immaginarlo, che Sciascia non avrebbe resistito a raccontare una storia “pirandelliana”, per quanto piccola e marginale. Poi l’articolo fu accolto, nel 1989 dall’editore Sellerio, nei Fatti diversi di storia letteraria e civile. Storia civile, di civiltà.

Il tuo frontespizio “falso” ha ingannato qualche ricercatore bibliofilo, a quanto pare. Più divertito o più pentito? Come ti è venuto in mente di fare quel frontespizio?

Mah. Tutt’e due. Da un lato, quello buono, mi dispiacque, non potevo credere che qualcuno potesse avere abboccato allo scherzo, che era evidentissimo. Scrissi o telefonai allo studioso svizzero, che mi disse di non preoccuparmi, che non era una cosa grave. Cos’altro poteva dirmi? Dal lato meno buono, vedevo che tutti si divertivano e quindi anch’io me la godei, con senso di colpa. Come mi venne in mente di comporre con i “trasferelli” il falso frontespizio? Credo per soddisfare il desiderio di creare qualcosa. Così è se vi pare.

Nella storia della letteratura ricorrono i “libri falsi”. Sciascia cita il settimo volume dell’Enciclopedia di tale Tlön Uqbar, Orbis Tertius, inventato da Borges. Ma si potrebbe ricordare il Necronomicon di H. P. Lovecraft, che molti suoi “fan” ancora oggi credono esista. Dopotutto, talvolta è bello credere in qualcosa che accende la nostra immaginazione, piuttosto che arrendersi alla “banale” realtà…

Il paragone con Borges esaltò il mio Io. Borges e io siamo nati lo stesso giorno, il 24 agosto. Lui prima. È così. Quelle là sono fake news, che tali non sono. Meno male che ci sono queste “inesistenze”, che – salvo eccezioni – non fanno granché male. Anzi è più il bene che fanno, che non il male. Qui non parliamo della Donazione di Costantino né dei Protocolli dei Savi di Sion.

L’espediente può avere qualche connessione con il trattato tradotto da Giuseppe Vella, Il Consiglio d’Egitto, titolo di un romanzo dello stesso Sciascia? Non ti sembra buffa l’omofonia con quel Valla che invece si era impegnato con critica acribia nell’identificazione di un altro grande falso?

Certo è buffo. Ma qui andiamo sul difficile. Comunque a me quel Lorenzo Valla piace da morire (vedilo, non nominato, tra le righe nella mia risposta qui sopra al punto precedente). Possedevo le sue opere. Poi le ho regalate a un mio amico bibliofilo. Smascherare i falsi è cosa buona e giusta… Pirandello ha creato un falso: Vita di Faustino Materucci… Però, in fin dei conti, che prove ci sono della sua falsità? La mancanza di una scheda in uno schedario è sufficiente come prova? Ammettiamo per un attimo che sia esistito uno come il commissario Carvalho, che dopo avere letto i libri li bruciava… Sfuggito alle cure di don Eligio Pellegrinotto nella biblioteca comunale di Miragno (inventata da Pirandello a immagine della Lucchesiana di Girgenti), il Materucci non potrebbe essere finito al rogo?

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Per le foto in bianco e nero in questo articolo:
© Foto di Nino Catalano - si ringrazia la Fondazione Leonardo Sciascia per la collaborazione
In testa: Leonardo Sciascia in campagna, alla Noce.
La seconda foto: alla Noce con Gesualdo Bufalino e i nipoti Fabrizio e Vito.
La terza e la quarta foto, qui sopra affiancate: a Caltabellotta con Matteo Collura e alla Noce con la moglie, la figlia Annamaria e i nipoti Fabrizio e Vito.

Qui sotto, una foto di Gilberto Scuderi:

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